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Il Gruppo Ulisse Biomed è un gruppo biotech integrato con tecnologie proprietarie, che sviluppa soluzioni diagnostiche, con un focus su salute pubblica, diagnostica distribuita e innovazione molecolare.

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17 novembre 2025


Tempo di lettura [minuti]: 22


Innovazione Biotech e Diagnostica

Diagnosi Multiplex PCR per HPV: Nuove frontiere


Abstract

La Giornata Mondiale per l’Eliminazione del Cancro Cervicale (che si celebra il 17 novembre) richiama l’attenzione su una realtà contrastante: il carcinoma della cervice uterina è in gran parte prevenibile, eppure rimane una delle neoplasie femminili più diffuse al mondo.

È infatti il quarto tumore più comune nelle donne, con oltre 600.000 nuovi casi e circa 340.000 decessi stimati nel 2020【1】. Quasi il 90% di queste morti si verifica nei paesi a basso-medio reddito, dove i programmi di screening e accesso alle cure sono limitati【1】.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea che il cancro cervicale può essere eliminato come problema di sanità pubblica attraverso una strategia globale di prevenzione, screening e trattamento efficace【2】. In quest’ottica, l’OMS ha lanciato il Global Strategy for Cervical Cancer Elimination, fissando entro il 2030 tre obiettivi fondamentali (detti “90-70-90”)【2】: vaccinare contro l’HPV il 90% delle ragazze entro i 15 anni, sottoporre almeno il 70% delle donne a screening cervicale con un test ad alta performance (preferibilmente test HPV) entro i 35 anni e di nuovo entro i 45, e garantire il trattamento (di lesioni precancerose o cancro invasivo) ad almeno il 90% delle donne identificate【2】. Raggiungere il traguardo di uno screening coperto al 70% su scala globale è una sfida notevole, che richiede innovazioni sia sul fronte preventivo che diagnostico. Tra i fattori chiave per il successo dello screening c’è l’adozione di test diagnostici sempre più sensibili, specifici e accessibili. In particolare, l’evoluzione verso test molecolari HPV basati sulla PCR multiplex rappresenta una nuova frontiera per aumentare l’efficacia nell’individuazione delle infezioni da HPV oncogeni.


Questo articolo esamina come la diagnostica multiplex PCR per HPV stia aprendo nuove prospettive nella prevenzione del cancro cervicale, contribuendo agli obiettivi di eliminazione globali, e approfondisce aspetti cruciali quali i KPI clinici, il triage specifico per HPV16/18, i dati epidemiologici più recenti, l’impatto dell’auto-prelievo sulla partecipazione allo screening e l’importanza dei sistemi di quality assurance (EQA) per garantire la massima affidabilità dei risultati.


Snapshot

  • HPV (Papillomavirus Umano)
    Virus a prevalenza molto elevata, responsabile della quasi totalità dei tumori della cervice uterina. I genotipi ad alto rischio più critici sono il 16 e il 18.
  • Screening HPV DNA
    Test di prima linea raccomandato da OMS e linee guida europee. Ha sensibilità >90% e individua precocemente lesioni precancerose.
  • Multiplex PCR
    Tecnica che permette di amplificare e identificare simultaneamente più genotipi HPV in un’unica reazione. È particolarmente utile in presenza di coinfezioni e per migliorare la stratificazione del rischio.
  • Genotipi ad alto rischio (HR-HPV)
    Sono i ceppi più frequentemente associati a lesioni precancerose e tumori: in particolare HPV 16 e 18 rappresentano circa il 70% dei carcinomi cervicali invasivi.
  • Self-sampling (auto-prelievo)
    Metodo di raccolta del campione eseguito dalla paziente a domicilio. Le ultime meta-analisi confermano efficienza diagnostica simile al prelievo clinico e tassi di adesione sensibilmente superiori.
  • Obiettivo clinico
    Ridurre incidenza e mortalità attraverso diagnosi precoce, triage appropriato e percorsi di follow-up basati sui genotipi e sui fattori di rischio combinati.

1. HPV e prevenzione del carcinoma cervicale

L’infezione persistente da Human Papillomavirus (HPV) è la causa necessaria del carcinoma del collo dell’utero【3】. Esistono oltre 200 genotipi di HPV, di cui almeno 14 sono classificati come alto rischio oncogeno perché associati all’insorgenza di lesioni precancerose e tumori cervicali. In particolare, due genotipi – HPV16 e HPV18 – sono responsabili da soli di circa il 70% dei casi di carcinoma cervicale nel mondo【4】.

Gli altri tipi ad alto rischio (ad esempio HPV31, 33, 45, 52, 58 e altri) contribuiscono al restante 30% circa dei casi. Questa conoscenza etiologica ha rivoluzionato la prevenzione: oggi vaccini profilattici contro i principali tipi oncogeni (16, 18 e altri) vengono ampiamente utilizzati nelle ragazze e ragazzi per prevenire le infezioni da HPV, mentre lo screening cervicale si è evoluto dalla citologia tradizionale (Pap-test) alla ricerca del DNA di HPV ad alto rischio. Il passaggio dal Pap-test al test HPV come metodo primario di screening è motivato dalla maggiore sensibilità di quest’ultimo nell’individuare lesioni cervicali precancerose. Studi clinici hanno dimostrato che l’HPV test DNA ha una sensibilità significativamente superiore (indicativamente >90%) nel rilevare lesioni cervicali di grado CIN2+ rispetto alla citologia, la quale ha sensibilità attorno al 50%【4】.

Ciò si traduce in un maggiore valore predittivo negativo: un risultato negativo al test HPV offre un’elevata garanzia che la donna non svilupperà lesioni significative nel breve-medio termine, permettendo di allungare gli intervalli di screening in sicurezza. Di contro, il test HPV presenta una minore specificità clinica rispetto al Pap-test, poiché molte infezioni da HPV sono transitorie e non evolveranno in neoplasia. Per massimizzare i benefici e ridurre gli interventi non necessari, i programmi di screening adottano quindi strategie di triage sulle donne positive al test HPV (ad esempio mediante Pap-test reflex oppure identificando i genotipi virali più pericolosi) – aspetti che verranno approfonditi più avanti.

2. Diagnostica PCR multiplex: innovazione e vantaggi

La Polymerase Chain Reaction (PCR) ha trasformato la diagnostica molecolare permettendo di amplificare e rilevare con alta sensibilità frammenti di DNA virale, incluso l’HPV. Nei test di prima generazione, tuttavia, questa tecnologia presentava alcune limitazioni nell’applicazione allo screening HPV: ad esempio, uno dei test storicamente più utilizzati, l’Hybrid Capture 2 (HC2), rileva la presenza di DNA HPV ad alto rischio in un campione ma non distingue i genotipi specifici【3】.

Anche molti saggi basati su PCR in real-time, pur essendo altamente sensibili, richiedevano reazioni separate parallele per individuare singolarmente i diversi tipi di HPV (impiegando sonde specifiche differenti)【3】. La mancanza di informazione genotipica completa era un limite, poiché conoscere il tipo di HPV presente influenza la gestione clinica (si pensi alla differenza di rischio tra un’HPV16 vs. un HPV ad alto rischio meno aggressivo). Le nuove tecnologie multiplex superano questi limiti, consentendo di amplificare e rilevare simultaneamente più sequenze target in un unico tubo di reazione. In ambito HPV, ciò si traduce nella capacità di testare con un solo test la presenza di tutti i principali genotipi ad alto rischio, fornendo un genotipo specifico per ciascun HPV rilevato. Ad esempio, sono stati sviluppati saggi nested multiplex PCR in grado di rilevare fino a 40 genotipi differenti di HPV in un singolo test【3】, utilizzando coppie di primer generici seguiti da primer specifici (nested) per ciascun tipo. Studi sperimentali hanno mostrato come un approccio multiplex avanzato possa evidenziare infezioni multiple da HPV (coinfezioni) in una quota significativa di donne: in regioni ad alta endemia, oltre il 50% delle pazienti HPV-positive presentava infatti più di un genotipo ad alto rischio contemporaneamente【3】. Rilevare tali coinfezioni è clinicamente utile, poiché la presenza di più tipi oncogeni può aumentare il rischio di lesioni ed è un fenomeno da monitorare nell’era vaccinale. È stato ipotizzato, ad esempio, che con l’eliminazione dei tipi 16 e 18 grazie alla vaccinazione, altri tipi oncogeni precedentemente meno comuni potrebbero aumentare la propria prevalenza relativa nelle popolazioni (fenomeno di type replacement)【3】.

Un sistema di test capace di identificare tutti i ceppi presenti consente quindi di avere un quadro completo del rischio virologico per la singola paziente. Dal punto di vista pratico e logistico, la diagnostica PCR multiplex per HPV offre anche vantaggi: permette di ottenere risultati di genotipizzazione completi senza dover eseguire test aggiuntivi sul campione, riducendo tempi e costi di laboratorio. Inoltre, l’automazione di questi saggi su piattaforme chiuse migliora la standardizzazione e riduce il rischio di contaminazione incrociata tra campioni. Un esempio concreto di innovazione multiplex è il test HPV Selfy sviluppato da Ulisse BioMed: un saggio di PCR Real-Time in multiplex con marcatura CE-IVD, capace di rilevare e genotipizzare singolarmente i 14 genotipi di HPV ad alto rischio rilevanti per lo screening【1】. Questo test è stato sottoposto a estese validazioni cliniche sia su campioni raccolti da operatori sanitari sia su campioni di auto-prelievo, risultando conforme ai rigorosi criteri internazionali richiesti per l’impiego nello screening primario【1】.

Grazie a soluzioni di questo tipo, i clinici ricevono un referto completo che indica esattamente quali ceppi HR-HPV sono presenti (ad esempio “HPV16 positivo, HPV18 negativo, HPV52 positivo”, ecc.), informazione preziosa per decidere il passo successivo nel percorso diagnostico-terapeutico. Da sottolineare che l’innovazione coinvolge anche gli aspetti di portabilità e accessibilità della PCR. Grazie a piattaforme compatte come l’Hyris System™ (che integra il dispositivo portatile bCUBE™, l’app di gestione bAPP™ e reagenti specifici), è oggi possibile eseguire test molecolari PCR multiplex per HPV anche al di fuori dei laboratori centralizzati. Questo significa poter portare la diagnostica vicino al paziente – ad esempio in ambulatori periferici, consultori, paesi in via di sviluppo o contesti privi di laboratori attrezzati – senza rinunciare alla sensibilità e specificità dei test avanzati. La decentralizzazione del testing mediante sistemi come Hyris System™ permette di ottenere risposte rapide, facilitando il trattamento tempestivo delle lesioni precancerose e contribuendo a colmare il divario di accesso alla diagnosi nelle varie realtà geografiche.

3. Performance cliniche e qualità diagnostica (KPI)

Per valutare un test HPV destinato allo screening di popolazione, sono fondamentali alcuni indicatori chiave di performance clinica (Key Performance Indicators, KPI). In primis vi è la sensibilità clinica nel rilevare le lesioni cervicali di grado elevato (CIN2/CIN3): un buon test HPV deve individuare la stragrande maggioranza di queste lesioni precancerose, superando una soglia minima stabilita da consorzi internazionali. Secondo i criteri di validazione di Meijer et al. adottati in Europa, un nuovo test HPV deve dimostrare una sensibilità e specificità non inferiori rispetto ai test di riferimento (come HC2 o GP5+/6+) nel rilevare CIN2+【5】.

In pratica, i migliori test attualmente disponibili mostrano sensibilità superiori al 90% nel rilevare lesioni CIN2+ (a fronte di circa il 50-60% della citologia)【4】. L’elevata sensibilità si accompagna a un valore predittivo negativo (NPV) eccellente: uno screening HPV negativo conferisce una protezione di circa 5 anni durante i quali la probabilità di sviluppare un carcinoma invasivo è estremamente bassa (inferiore a 1 su 1000). Questo ha permesso di estendere l’intervallo tra uno screening e l’altro (ad esempio a 5 anni) nelle donne HPV-negative, mantenendo un buon margine di sicurezza. La specificità clinica di un test HPV, d’altro canto, rappresenta la capacità di identificare correttamente l’assenza di malattia (lesioni CIN2+). Poiché molte infezioni da HPV regressiscono spontaneamente, è fisiologico che il test HPV abbia specificità più bassa della citologia (che rileva già la lesione citologica, segno di infezione persistente). Anche qui esistono standard: il test deve avere una specificità non inferiore (a un intervallo definito) rispetto ai test di riferimento【5】. Nella pratica, le specificità dei test HPV validati per lo screening si attestano tipicamente tra l’85% e il 95%, a seconda dell’età della popolazione e del contesto (alcune differenze emergono ad esempio tra popolazioni vaccinate vs non vaccinate). Un equilibrio tra alta sensibilità e buona specificità è importante per assicurare che lo screening porti beneficio netto: troppi falsi positivi (bassa specificità) comporterebbero ansia e procedure diagnostiche inutili per molte donne. Un altro KPI cruciale è la riproducibilità del test, sia interna che tra laboratori diversi. Un test deve fornire risultati consistenti se ripetuto sullo stesso campione e deve dare esiti analoghi quando eseguito in centri differenti. Nei protocolli di validazione si valuta l’accordo inter- e intra-laboratorio: il coefficiente kappa di concordanza per la positività HPV dovrebbe idealmente essere molto elevato (>0,5-0,6)【5】. Questo garantisce che il test sia robusto e affidabile, un requisito essenziale soprattutto quando si pianificano programmi su vasta scala. Infine, la qualità nell’esecuzione del test deve essere assicurata da sistemi di controllo adeguati. Ogni laboratorio che effettua screening HPV dovrebbe partecipare a programmi di Valutazione Esterna della Qualità (EQA) specifici per i test HPV【4】. In questi schemi, vengono periodicamente inviati ai laboratori pannelli di campioni di controllo da analizzare, al fine di verificare che tutti i centri ottengano i risultati attesi. Ad esempio, l’OMS coordina a livello internazionale panel di proficienza per i test HPV, e vari network (come l’European HPV DNA LabNet) forniscono programmi EQA a cui i laboratori possono aderire. I risultati EQA permettono di identificare e correggere prontamente eventuali difformità nelle performance analitiche tra siti【4】. Oltre all’EQA esterna, vanno implementati rigorosi controlli interni: ciascuna corsa analitica deve includere controlli positivi e negativi, e preferibilmente ogni campione analizzato dovrebbe contenere un controllo interno (ad esempio un gene cellulare) per confermare la presenza di adeguato materiale biologico e l’assenza di inibitori della PCR. La compliance alle linee guida internazionali (quali gli standard dell’IPVS e le linee guida europee/OMS) in termini di validazione clinica del test, controllo di qualità e reporting dei risultati è parte integrante di un programma di screening affidabile【5】. In anni recenti l’OMS ha introdotto un processo di prequalificazione dei test HPV destinati ai paesi a risorse limitate, proprio per garantire che soltanto test che abbiano superato valutazioni indipendenti di qualità, accuratezza e robustezza vengano impiegati su larga scala【5】.

In sintesi, l’adozione di innovazioni come la PCR multiplex deve essere accompagnata da un solido sistema di assicurazione qualità, per tradurre il progresso tecnologico in beneficio reale per la salute pubblica.

4. Triage mirato su HPV16 e 18

Nel contesto dello screening primario basato su test HPV, tutte le donne con test positivo necessitano di un ulteriore approfondimento (triage) per stabilire il successivo passo diagnostico. Un approccio di triage fondamentale riguarda i genotipi 16 e 18, riconosciuti come i più oncogeni. Poiché HPV16 e 18 presentano il rischio più elevato di progressione a lesione cervicale avanzata, molte linee guida raccomandano di gestire in maniera differenziata le positività per questi genotipi rispetto agli altri. In pratica, se una donna risulta positiva per HPV16 o 18, le procedure di triage prevedono spesso un immediato invio a esame colposcopico, indipendentemente dall’esito di un eventuale Pap-test di concomitanza. Questa strategia si basa sull’evidenza epidemiologica che HPV16 e 18 causano la maggioranza dei carcinomi e delle lesioni CIN3, rendendo meno utile attendere altri riscontri【4】. Ad esempio, nei protocolli di screening basati su test HPV adottati in Italia e in altri paesi europei, si procede a colposcopia diretta se il test HPV risulta positivo per i genotipi 16 o 18, mentre per gli altri genotipi ad alto rischio si esegue un Pap-test di triage (riflesso) e solo in caso di anomalia citologica si rimanda la donna a colposcopia.

Analogamente, le nuove linee guida internazionali considerano la possibilità di triage molecolare incorporato: l’OMS, nelle sue raccomandazioni 2021, suggerisce che quando un test HPV riporta esplicitamente l’informazione su 16/18 (genotipizzazione parziale integrata), le donne 16/18 positive possano andare direttamente al trattamento/colposcopia, mentre per le altre HPV-positive si può usare un ulteriore step di triage (come VIA o citologia)【6】. È evidente come la disponibilità di test in grado di genotipizzare sia cruciale per attuare questo triage differenziato. I principali test HPV approvati per lo screening (ad esempio Cobas® 4800, Abbott RealTime HR-HPV, BD Onclarity™ e altri) includono la rilevazione separata di HPV16 e HPV18 proprio per supportare decisioni cliniche immediate. Un test multiplex completo, come HPV Selfy menzionato in precedenza, fornisce addirittura l’informazione su tutti i genotipi ad alto rischio presenti. Ciò significa che oltre a individuare 16 e 18, consente anche di sapere se la paziente è positiva ad altri tipi (es. HPV31, 52, 45 ecc.), informazione utile per definire il rischio individuale. Ad esempio, alcuni studi hanno evidenziato che tra gli altri genotipi oncogeni vi sono differenze nel rischio (HPV33 e 31 comportano rischio relativamente più alto di HPV56 o 51, per dire): disporre del profilo completo potrebbe in futuro permettere schemi di sorveglianza personalizzati. In ogni caso, già oggi il triage che isola le donne con HPV16/18 è una realtà consolidata ed efficace per ottimizzare le risorse, concentrando gli interventi di secondo livello (colposcopie, biopsie) sulle pazienti a più alto rischio.

5. Auto-prelievo e accesso allo screening (equità sanitaria)

Un capitolo di grande importanza per raggiungere l’eliminazione del cancro cervicale è l’aumento della partecipazione delle donne allo screening. Uno strumento innovativo per migliorare la copertura è l’introduzione dell’auto-prelievo (self-sampling) del campione vaginale da parte della donna stessa. Questa modalità offre molteplici vantaggi: abbatte alcune barriere logistiche e psicologiche legate all’esame ginecologico tradizionale, rende possibile raggiungere donne che vivono in aree remote o che per motivi culturali o personali evitano la visita medica, e si è dimostrata altamente gradita alle utenti.

L’OMS riconosce il potenziale del self-sampling e nelle sue linee guida afferma esplicitamente che l’uso dell’auto-prelievo per il test HPV può contribuire in modo decisivo a raggiungere il target del 70% di copertura globale entro il 2030【1】【6】. Numerosi studi hanno investigato l’efficacia di strategie basate sull’auto-prelievo, con risultati molto incoraggianti: invitare le donne ad effettuare il test HPV su campione auto-raccolto a domicilio può aumentare significativamente l’adesione rispetto agli inviti standard a presentarsi in ambulatorio. Una meta-analisi su scala internazionale ha rilevato che le donne hanno una probabilità quasi doppia di partecipare allo screening se viene offerta loro l’opzione del self-sampling rispetto all’approccio convenzionale【6】.

In termini pratici, in vari programmi pilota l’invio di un kit di auto-prelievo a casa alle donne che non hanno risposto all’invito iniziale ha portato a un recupero sostanziale di queste non-aderenti (in alcuni studi adesione dal 15-20% fino a oltre 50% grazie al kit)【6】.

Un aspetto cruciale è che il campione vaginale auto-raccolto sia idoneo per l’analisi molecolare HPV. Su questo punto vi è ormai evidenza solida: i test HPV su campioni auto-prelevati mostrano un’accuratezza diagnostica sovrapponibile a quella dei campioni prelevati dal clinico【1】. Studi comparativi indicano che la sensibilità nel rilevare infezioni da HPV ad alto rischio è equivalente tra campioni self-sample e tamponi cervicali tradizionali, soprattutto se si utilizzano dispositivi adeguati (ad esempio tamponi flocked, cioè con superficie fibrillare, che raccolgono più cellule rispetto ai tamponi di cotone)【1】. Sulla base di questi dati, molte giurisdizioni stanno integrando l’auto-prelievo nei programmi di screening organizzato. Un caso emblematico è quello dei Paesi Bassi, che già da alcuni anni offrono a livello nazionale il kit di auto-prelievo spedito a casa come alternativa primaria di screening con sistema “opt-out”, in cui il kit viene inviato automaticamente a chi non ha effettuato il Pap-test【1】. Altri paesi, tra cui l’Australia e il Regno Unito, hanno avviato progetti per incorporare il self-sampling come opzione di routine. Dal punto di vista dell’accettabilità, il feedback delle donne è molto positivo. Indagini hanno rilevato che la maggior parte delle donne che non aderiscono al Pap test tradizionale trovano l’auto-prelievo facile da usare, meno invasivo e imbarazzante della visita ginecologica e in grado di dare un maggiore senso di controllo e privacy【6】.

Questo è particolarmente vero per le donne che per vari motivi (paura, vergogna, traumi pregressi, barriere culturali) evitavano la visita: per molte di loro il self-test rappresenta la soluzione per partecipare finalmente allo screening. Naturalmente, è fondamentale accompagnare l’introduzione dell’auto-prelievo con campagne informative chiare e supporto alle utenti, affinché il campione venga raccolto e spedito correttamente. Inoltre, sul piano organizzativo, bisogna scegliere strategie efficaci: studi hanno confrontato l’approccio “opt-in” (in cui è la donna a dover richiedere il kit) con l’approccio “opt-out” (invio diretto del kit a casa senza necessità di richiesta). Quest’ultimo in generale ottiene tassi di partecipazione più alti, pur essendo più oneroso, mentre il modello opt-in può essere più economico ma con adesioni minori【6】.

Ogni sistema sanitario dovrà valutare il bilancio costi-benefici nel proprio contesto. In qualunque forma venga implementato, l’auto-prelievo rappresenta comunque un potente strumento per migliorare l’equità sanitaria, garantendo che anche le fasce di popolazione difficili da raggiungere possano beneficiare dello screening e della prevenzione del carcinoma cervicale.

Conclusioni

L’obiettivo storico di eliminare il cancro della cervice uterina come problema di sanità pubblica appare oggi più realistico che mai, grazie alla sinergia tra vaccinazione anti-HPV e miglioramenti continui nei programmi di screening. In particolare, i progressi nella diagnostica molecolare – con lo sviluppo di test HPV sempre più sensibili, multiplex e utilizzabili anche su auto-prelievo – stanno ampliando la portata e l’impatto dello screening a livello globale.

La PCR multiplex per HPV incarna queste nuove frontiere: permettendo di identificare con precisione tutti i virus oncogeni in gioco e supportando triage mirati (come quello per HPV16/18), essa consente di ottimizzare la gestione clinica delle pazienti positive e di prevenire più casi di cancro con interventi tempestivi. Allo stesso tempo, l’integrazione del self-sampling e la possibilità di eseguire test anche in contesti decentrati grazie a dispositivi portatili stanno rendendo lo screening più accessibile e capillare, riducendo le disparità. È essenziale, tuttavia, accompagnare queste innovazioni con un solido impianto di garanzia della qualità e con la piena adesione alle linee guida: solo test validati e applicati correttamente produrranno i benefici attesi in termini di riduzione dell’incidenza e mortalità. Fortunatamente, la comunità internazionale – dalle agenzie come l’OMS alle società scientifiche – ha definito standard chiari e fornisce supporto affinché ogni paese possa implementare screening HPV sicuri ed efficaci【5】.

In occasione della Giornata Mondiale per l’Eliminazione del Cancro Cervicale, vale la pena ribadire come innovazione e qualità debbano procedere di pari passo in questo ambito. La strategia narrativa di Ulisse BioMed si inserisce proprio in questo quadro: attraverso soluzioni diagnostiche all’avanguardia (come il sistema Hyris e il test HPV Selfy) combinate a una visione di sistema attenta alla validazione scientifica e alla sostenibilità, si contribuisce concretamente alla lotta contro il cancro cervicale. Grazie a tali progressi, un futuro in cui nessuna donna debba più morire per un carcinoma dell’utero – un futuro in cui questo tumore sia realmente eliminato – diventa un traguardo sempre più raggiungibile.


Fonti e Bibliografia

  1. Feltri G, Valenti G, Isidoro E, et al. Evaluation of self-sampling-based cervical cancer screening strategy using HPV Selfy CE-IVD test coupled with home-collection kit: a clinical study in Italy. Eur J Med Res. 2023;28:582. DOI: 10.1186/s40001-023-01263-8
  2. World Health Organization (WHO). Global strategy to accelerate the elimination of cervical cancer as a public health problem. Geneva: WHO; 2020. Link: https://www.who.int/publications/i/item/9789240014107
  3. Goulart LR, Colombo BFM, Lima MIS, et al. Expanded HPV Genotyping by Single-Tube Nested-Multiplex PCR May Explain HPV-Related Disease Recurrence. Microorganisms. 2024;12(11):2326. DOI: 10.3390/microorganisms12112326
  4. Okada PA, Mitrat S, Rojanawiwat A. External quality assessment program for human papillomaviruses DNA testing in Thailand. Pract Lab Med. 2024;38:e00352. DOI: 10.1016/j.plabm.2023.e00352
  5. Garland SM, Iftner T, Cuschieri K, et al. IPVS policy statement on HPV nucleic acid testing guidance for those utilising/considering HPV as primary precancer screening: Quality assurance and quality control issues. J Clin Virol. 2023;159:105349. DOI: 10.1016/j.jcv.2022.105349
  6. Guidi M, La Vecchia C, Carreras G, et al. Does self-sampling for human papillomavirus testing have the potential to increase cervical cancer screening? An updated meta-analysis of observational studies and randomized clinical trials. Front Public Health. 2022;10:1003461. DOI: 10.3389/fpubh.2022.1003461